L’isola dove volano le femmine: l’esordio di Marta Lamalfa
Vi è mai capitato di terminare un libro e continuare a pensarci nei giorni successivi? A me è successo con il romanzo di Marta Lamalfa, edito da Neri Pozza perché L’isola dove volano le femmine, sin dall’incipit, mi ha trascinata con sé in una terra antica, battuta dal vento e dominata da una lingua altrettanto antica.
È Alicudi il centro di tutto, un fazzoletto roccioso vicino a Lipari, nel cuore del Mediterraneo, una terra dove il tempo sembra non scorrere mai. Ed è proprio qui, agli inizi del Novecento, che si apre la storia della famiglia Iatti, che si ritrova ad affrontare il lutto per la perdita della figlia Maria. Caterina, la sua gemella, è spaesata, non è lei senza l’altra. L’arrivo del marchese poi, la destabilizza, è diventata donna ma non può permettersi di smettere di lavorare nei campi con suo padre Onofrio e il fratello Saverio. Sua madre Palmira ha partorito di nuovo e Nardino, il fratellino più piccolo, ha appena iniziato la scuola a Lipari, che lui per i campi non è buono.
Il pane con le tizzonare e la danza delle majare
E proprio mentre Caterina cerca di capire chi è lei senza Maria, un giorno Palma la catananna le racconta delle majare, le donne che di notte volano fino alla Sicilia e all’Africa. Lei che non ha mai attraversato il mare, perché ci vuole un tagliatore di trombe apposta, avverte subito una curiosità smodata e vorrebbe fuggire. Allora mangia il pane nero, fatto con le tizzonare – la farina bianca costa e non si trova più – che fa viaggiare con la mente. Così Caterina viaggia a suo modo, sogna di danzare nuda e volare sul mare, scopre il suo corpo di giovane donna, vuole capire cosa ci ha visto Maria nelle pupille blu di Ferdinando.
Un lessico raffinato e una voce giovane
Una scrittura tutt’altro che scorrevole quella dell’autrice, eppure si fa leggere e incanta il lettore con la sua ricercatezza, con un lessico raffinato che trova ispirazione nella vicenda realmente accaduta fra il 1903 e il 1905, quando un parassita infestò la segale di Alicudi, provocando allucinazioni negli abitanti dell’isola.
Uno stile che mi ricorda quello della sicula Tea Ranno, capace di grandi incantamenti con le parole e in grado di rievocare come poche l’immaginario del sud di inizio secolo. Un esordio di tutto rispetto quello di Marta Lamalfa che la colloca subito fra le voci contemporanee più autorevoli del nostro panorama letterario.
L’esordio che sa di acciughe sotto sale
L’isola dove volano le femmine è un viaggio indietro nel tempo, fra acciughe sotto sale, pane cunzatu e onde di mare che lavano la terra, campi battuti dal sole e pietre modellate dal vento. Un romanzo dove immaginario e storia si intrecciano, saldati dalla penna di una giovane e promettente autrice.